TALESTRE.me(2)

Sono stata via quasi tutto il giorno, tra la visita a un’amica convalescente e l’inoltrarmi in un’altra delle mie esperienze per niente promettenti. Doveva piovere e invece tutto s’è risolto in un rapido scroscio mattutino e un po’ di nerobianco e peso nel cielo per il resto del tempo. Era stato un giorno generoso, in quanto a emozioni. Mentre ci pensavo, lavando le suole a carrarmato degli anfibi, Talestre è comparsa chiedendomi come fosse andata. Non era certo andata male: niente da dire su quanti avevo incontrato – i mici, la coordinatrice del gruppo, il suo compagno, una barista simpatica che ci ha fatto un buon caffè. Tuttavia, ce ne vuole per dire BENE. Perciò ho detto: NON MALE. È UNA SITUAZIONE COMPLESSA, QUALCOSA CI HO CAPITO, MA ASPETTO DI CAPIRCI DI PIÙ NEL PROSSIMO FUTURO. E con un vago disappunto nel tono lei: QUINDI HAI DECISO DI FARLA QUESTA COSA? Ho risposto che forse avevo già deciso diverso tempo fa, se m’ero spinta fino ad incontrare la coordinatrice. Ha detto che sapeva bene della mia avversione a queste forme organizzate dell’umano scambio, ed io: CERTO MA, UNO, È UN’ASSOCIAZIONE A CARATTERE LOCALE, NEANCHE RICONOSCIUTA, PARE, E, DUE, MICA E’ UN’ASSOCIAZIONE PRO UMANI. Allora, come inscenando una sottospecie di cattiveria che non è la sua, esclama: IO NON LO SO PROPRIO CHE TI POTRA’ AGGIUNGERE MAI QUESTA COSA! Poiché me l’ero già chiesto, una battuta pronta ce l’avrei anche avuta; sapevo però che non si sarebbe fatta convincere. Così ho sorriso, tacendo, senza preoccuparmi troppo di dissimulare il pensiero dell’inutilità di certe considerazioni. Sorride anche lei, finalmente. Ne approfitto per chiederle cosa le sia capitato di memorabile in questi anni. Dice che la storia è tutta buche, cripte, sottopassaggi, sorridendo ancora di più, ché queste parole le avevamo già lette insieme quando ero alle medie, unitamente a tante altre che ci stregavano, e che sicuramente lei ricorda tutte, mentre io quasi nessuna. E fa: QUELL’ANNO LUI VINSE L’OSCAR. MA TU NON CI PENSAVI ANCORA A QUESTE COSE, ERI PICCOLA. Dichiara che in quell’anno avemmo diversi accadimenti, importanti anche per me, sebbene dei più io non avessi consapevolezza: ERA IL MILLENOVECENTOSETTANTACINQUE. Le ricordo che la mia testa non ammette l’organizzazione lineare del tempo e, mentre mi chiedo perché stia partendo da tanto lontano per dirmi di quando non siamo state in contatto, faccio: NON SONO MICA CAMBIATA IN QUESTO, SONO UNA SMEMORATA e le domando cosa  dovrei sapere di quanto accadde nel settantacinque. Inizia il suo elenco: CI INCONTRAMMO. E L’ABORTO TERAPEUTICO, IL NUOVO DIRITTO DI FAMIGLIA.. Faccio: FIGURATI, intendendo che tali questioni sono troppo al di sopra di me. Seguita: LE RADIO LIBERE, PIER PAOLO PASOLINI…  Evitando con cura di apparire seccata, le chiedo di non infierire, ché non è tutta colpa mia se sono ignorante. Non allenta il sorriso lei: LA PRIMA ELEMENTARE, LA MAESTRA SUBDOLA, MA NEANCHE TANTO, COI SUOI VALORI FASCISTI. POI TU E TUA SORELLA, CHE PER POCO NON UCCIDEVATE IL NEONATO DI CASA – E SAREBBE STATA TUTTA COLPA TUA, NEL CASO. Allora la fermo, le chiedo di cambiare tema adesso che finalmente ha trovato delle cose che ricordo benissimo. L’episodio di mio fratello non l’ho mai scordato: c’ero. Fu scendere un  gradino ulteriore verso l’inferno, quel pomeriggio presto al terzo piano del condominio giallo con le persiane verdi. Stavamo ad aspettare nella camera in penombra che nostra madre finisse di lavare i pavimenti delle altre stanze, quando la carrozzina si rovesciò in avanti perché io e lei – aveva appena due anni – stavamo giocando giusto con la sua impugnatura. Forse ci caricammo su il nostro peso, non lo so. Comunque a un punto facemmo squilibrare la carrozzina, che s’inclinò in avanti, si rovesciò, ricoprì il pargolo. Lui subito attaccò un pianto disperato; pareva soffocare. Che raggelo addosso. Partiva dalle caviglie, poi spezzava le ginocchia, tagliando alla fine la gola. Lo sento ancora tutto. E sento le urla di mia madre che chiede aiuto alla vicina, pregando di rintracciare mio padre – lei aveva il telefono. Poi il pronto soccorso, Tina che cerca di sciogliere la ma tensione.. Però non riesco a ricordarmi di mia sorella; so solo che era accanto a me. Non so più se si fosse spaventata, come avesse reagito; anzi, forse non l’ho mai saputo. Mi lascia pensare in silenzio, Talestre, mentre sorseggiamo vino da bicchieri piccolissimi. Poi io cerco di liberarmi:

NON AVREI MAI DETTO CHE IL PORTO STESSE COSÌ BENE CON LA RICOTTA.
OH, SÌ, INVECE, AVRESTI POTUTO DIRLO: SERVIVA UN BANALE ESERCIZIO D’IMMAGINAZIONE, CHE DEL RESTO POI HAI FATTO.
CERTO, MA DIPENDE DA CHE PORTO E CHE RICOTTA, E IO NON NE HO DI QUESTE NOZIONI. COMUNQUE, STASERA SIAMO STATE FORTUNATE.
E NON AVEVI NEANCHE FAME.

Mi metto a cercare qualcos’altro da dire, un argomento nuovo, che possa interessare tutte e due, ma niente. Allora chiedo: HAI CONOSCIUTO LUI, VI SIETE INCONTRATI OGGI CHE NON C’ERO? Mi fissa col suo modo che oramai credo essere consueto, senza dire alcunché per lunghi secondi, finché arriva un rumore, da un’altra stanza. Allora lei attacca: CERTO. FA COSÌ PARTE DI TE CHE NON POTEVO NON INCONTRARLO. E NON VEDO SOLO LA SUA FACCIA COI SORRISI. NON SOLO QUELLI BELLI DENSI, PERSISTENTI E NÉ SOLO QUELLI MINIMI, FUGACI. NON VEDO SOLO I SUOI OCCHI INTRICATI DI PAROLE, NEPPURE QUELLI PIENI D’ABBANDONO. NON VEDO SOLO LA SUA MANO CHE TI FERISCE CON ARMI COME LA PIETÀ, NÉ QUELLA CHE, SENZA INTENZIONE, LE FERITE TE LE SANA. COME POTEVO NON CONOSCERLO? e senza contenere l’eccitazione. OPS, faccio, FINALMENTE A ME INVECE SEMBRA DI RICONOSCERE TE, TALESTRE. BENTORNATA! Lei resta seria, io aggiungo che però s’è presa un abbaglio, perché sto nella fase in cui ogni cosa o è fuori di me o non è: INSOMMA, HO SMESSO COI GIOCHI INTERIORI, un po’ mentendo. Intanto ci è arrivato di nuovo un rumore, ed era proprio lui: pare stesse armeggiando con l’armadio delle scarpe. Viene e chiede se siamo già al dessert. Al vederlo, Talestre incarna sbigottimento, si volta veloce verso la finestra dandoci le spalle; non lo saluta, non dice niente. Lui la ignora, come se si fossero già visti un istante prima, o come se fosse avvenuto qualche cosa d’imbarazzante tra loro. Ma magari ho cannato con entrambe le ipotesi. Va bene, comunque sia andata ne saprò, prima o poi. Non voglio mettere a disagio nessuno adesso.

 

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