Levami tutte le cento maglie che indosso, prima che ti stracci la pelle. Levami gli stivali, i bracciali, chiudi le porte, le tende, tienimi allo scuro un poco. Suona l’elastico – oramai posso vederlo. C’è da cantare ancora il divaricarsi il confine l’imbattersi e il cercare, il precipizio e lo squilibrio l’accidente la scintilla e, più di tutto, il sedimento, il pre-determinato, l’inciso e, dunque, il rifiuto. Le carezze non appianano, niente, e per nostra fortuna. Scavo l’osso, non dormo.
A fissare il soffitto finché non sorge il sole…
senza riuscire a fare molto altro che preservare un silenzio..
Già…
Mi è piaciuto ma credo di non averlo capito fino in fondo. Non sono riuscita a decrittografare. Può piacerci ciò che non capiamo completamente?
sí, credo, ché in fondo è ben poco ciò che è destinato alla testa..
certe insonnie.. come emergenze archeologiche del corpo vivente?
scavare le biologie dell’esserci…
il tempo che era del sonno passato a scavare biologie dell’esserci, sì. Così cedere all’emergere di visioni e archeologie di noi, in corpi viventi tesi all’incontro e all’accadere, al farsi santa opposizione, senza bisogno di consolazione..
si…
Come ho sentito quello che mi fai giungere.
L’insonnia… le consolazioni negate
Mi piace molto il tuo modo di scrivere.
Torno da te.
Grazie.
🙂
gb
Grazie a te! Quale è il tuo blog? L’avatar non ha un collegamento..