Oggi qui c’è quell’ansia sinistra, che forse tu non conosci, del non sapere se lo trovi oppure no un libero sorriso, uno ogni tanto dico. Sai bene, invece, la mia angoscia del non sentire che il Respiro viene a raggiungerti ogni momento della notte, almeno della notte.
E’ che oggi, da qui, non ti sento certo tendere a quanto t’è vitale e insieme, più d’ogni altra cosa, uccide: è ciò che amiamo più di tutto, sebbene sia palese che poco a poco annienta il poter essere l’adesso, il santo divenire nel vero dell’ignoto, prima che nella visione fondata su tutto l’impossibile amato (su passato, trapassato).
Qui io oggi sto con poco più che il verde affaticato e rampicante dei glicini da recinto. Ancora si moltiplica, rimasto da un pezzo senza una goccia di lilla che sia una (altre stagioni sono scorse, e cicli dietro cicli), mentre mi maschero del bronzo e dell’ottone di campi sgrananti fallimenti (umani, nostri), coi rovi che salgono alla gola senza diventare pianto né male che strozza, ma altra tenerezza, immensa. E di te avevo saputo ancora quasi niente, anzi: niente.