Le nostre pance sono sempre gravide, anche ora che ci siamo dati, aperti, fatti aprire, ispezionare, come tarantati a volte, altre docili pur sapendo già che in niente sarebbe stato liberarsi. Così restiamo squartati e pieni, ancora a respingere noi stessi, confusi tra quest’orrore e le poche meraviglie fuori, schifati e di necessità piegati, ancora, fronte a ginocchia, gli abiti bruciati e cento istanze addosso, tutti interiori eppure esposti, mondani, non più ulteriori.