Via San Francesco, e io procedo spedita verso casa. Dalla chiesa, viene fuori una donna in velocità, bella come la luce quand’è forte ma bassa, tipo tra i muri e i primi movimenti urbani in certe ore di sole tutto da Est, nei più cristallini mattini dell’estate. É vestita di chiaro e, sopra tutto, ha una lunghissima sciarpa a piccoli fiori marroni su fondo grigiazzurro, come le iridi enormi che le palpebre provano a nasconderle. Ha settantacinque anni, o poco più, un’aria vivace e un pensiero preciso, si capisce. Incrociamo i sorrisi, sovra scrivendo lo scontro delle nostre traiettorie.
Dopo qualche momento – oramai oltre, io, ma di qualche metro soltanto – fa: “Scusa… scusami!”. Così mi fermo, e mi volto indietro. S’avvicina.
Abbassando di parecchio la voce, domanda se ho una sigaretta. “No, mi spiace. Però ho un toscanello, se vuoi” dico, tirandolo già fuori dalla tasca. Allora si fa seria, indugiando in chissà quale pensare. Poi, sempre più sottovoce: “No… Ma, dopo, a te ne restano? Beh, se me lo hai offerto… Dai, sì, accetto. Però, me l’accendi tu?”. E io, che oggi avrei dato fuoco al mondo, l’ho acceso benissimo e gliel’ho steso, tra le dita all’inverso, come con mio padre quando, lavorando a qualcosa di difficile che gli impegnava entrambe le mani, mi chiedeva di tenergli la cicca e poi di dargliela per un tiro.
“Ti si spegnerà” le anticipo, e le porgo il minibic nero che mi regalò Antonio. Lo ha preso, col riso più aperto che mi sia capitato da mesi.
La luce così descritta prende vita
Ciao Mela.. ❤
Ciao cara, è bello leggerti 😘
Finalmente 🙂
🙂
(ogni tanto si torna)
che bello rileggerti con queste due donne e un toscanello. Bell’aria di complicità.
ml
piano piano torno in questo strano posto, a prendermi le vostre meraviglie.. Mi sono mancate.