“Quanto è poco vero” concluse stringendo tra le ginocchia le mani giunte, “cioè quanto è falso: che per difendersi si possa fare a meno di accogliere le dichiarazioni di guerra”. Non c’era niente da aggiungere alle parole di Marta. Aveva raccontato l’ennesimo episodio del suo attraversamento di soglie – fondamentali e innumerevoli ma tutte più o meno uguali – verso il pieno stabilizzarsi della sua condizione di disadattata. Perciò lui, per quanto stesse sempre più o meno in ascolto, era ad altro che andava pensando. E seguitò anche stavolta con quell’allungamento estremo del silenzio col quale non poteva evitare di misurarsi. Metodicamente, quasi; con rigore. Qualche giorno addietro, le aveva spiegato che il rimanersene zitto altro non era che un modo per non togliere niente al sacro che il quotidiano riesce nonostante tutto a serbare. Poi, nel contempo, serve a non lasciare fuori la morte, fugare l’illusione che essa sia da un’altra parte. Insomma, è in mezzo a ragioni così che a lui piace bilicarsi, senza tanta fatica e, anzi, con una certa maestria, quel suo fare leggero – sempre così poco attinente: alla questione, al momento, alla situazione di lei. A Marta tutto questo cominciava a sembrare normale, ma ci vedeva una significativa incapacità di cedere, alla base, quasi nient’altro. E adesso le arrivava più deprimente che mai.
Per fortuna, però, c’era quel fumo a montare. Poco a poco, aveva invaso le due stanze aggiungendo progressiva inesattezza all’insistere delle cose sulla distanza delle teste, ricominciando a disarticolare quegli spazi angusti, irrigiditi da ristrettezze improvvise, impensate fino all’altro ieri, e così ostili agli slanci, all’andare e al restare, finanche al perdersi, o al ritrovarsi. “Siamo poveri in canna” a un punto aveva fatto lei. “Dai, facciamo nebbia qui”, sottovoce lui, “facciamo nebbia sino a non vederci più”. E sarebbe stato bello, se non fosse che erano solo tre le cicche rimaste dal pacchetto, svuotatosi sul marmo cadendole di mano, mentre s’accovacciava a terra, le spalle al termo. Era chiaro che nessuno dei due sarebbe sceso giù fino al tabaccaio: quanto meno ci si provava, a sentirsi virtuosi. Dunque, non ci sarebbe stata nebbia a sufficienza, per stavolta, ed era sempre più raro. “Non importa” sorrise Marta come da sotto i baffi di lui, e poi: “io lo so che mi ami. Solo, non capisco il modo”. Aprì tutte e tre le finestre di casa, Leo. Poi, mentre considerava che l’unica guerra vera e devastante eran finiti col farsela loro, andò come ogni volta a scomparire nel cesso. Proprio ora che si stava muovendo un po’, l’aria.