Il viaggio continua, quotidiano. Riparte tra le gocce verde rame del primo mattino e si svolge tutto nell’oro che quasi liquefà caviglie e ginocchia alla fine: a sera, quando fermarsi diventa necessità a dispetto di quella veglia interminabile e irriguardosa, reale e assieme letteraria, o quasi – del tutto inconsistente comunque, cioè senza alcun segno che ne possa restare. É stasi eppure slancio, la notte, ogni volta una scoperta annunciata ma con niente di raggiunto, mai davvero. Non può essere sogno e non è più neppure assenza. Sfiorarci senza che ci fossimo cercati, senza averlo voluto, può accadere poi solo di giorno. Accade ancora, talvolta. Come no. Però, questo non può bastare a riabilitare il Caso, non ai nostri occhi, agganciati al presente come sono. Certo, l’incrociarsi senz’incontro scrive l’aria di rosso. Così è ricomparsa la bambina caduta dalla bicicletta celeste, con ogni rifiorire di sangue nelle croste su lo stinco, l’avambraccio, la spalla. C’era l’erba divenuta paglia sul ciglio e fumo denso da un fuoco lontano fatto per gli scarti del campo, c’era un contadino a guardia d’ogni angolo di sentiero a chiedere A CHI SEI FIGLIA TU? A CHI SEI FIGLIO TU? Poi c’era quel complice rabbioso del caldo, che era il respiro corto contro qualsivoglia esercizio. Ammorbava tutti: a casa, in strada, nel paesello intero. C’erano frantumi di guscio sul marciapiede attorno a budella lucide ed enormi fuori da un corpicino quasi compiuto, poi lo stupore dietro ai vetri sottili e i rondoni come a fiondarsi contro la finestra – ma è al proprio nido che miravano: lì andavano, da lì venivano. E chissà fino a quando han seguitato a tornare. C’erano fiori marginali, improvvisi, sottovalutati grappoli di meraviglie, primordiali e tardivi. Ci sono ancora, questi, itineranti, differenti e uguali sempre. Solo, adesso non portano più lo stesso nome tutti.
A CHI SEI FIGLIA TU? A CHI SEI FIGLIO TU?
mi hai fatto ricordare quando anche dalle mie parti dicevano così
ricordo che nella mia timidezza mi veniva da essere guardinga e provavo un po’ fastidio alla domanda, quasi fosse troppo intima, e invece era una sorta di rituale popolare
Tanto fastidio..