Di scarsa portata era qui il fiume, e io uguale. Avevo solo carezze leggere: agli argini, ai molti specchi e ai moti crespi dell’acqua, agli umani segni fuori dai codici, all’Adriatico, dolcissimo mio Est. Mi gustavo la riva, il flusso e il riflusso, il raggio che scalda la nuca, l’inverno, l’aria che batte lo sterno, le spirali perlate, la piuma perduta che trema, il segreto di tutti i nostri mai.
Il bagnasciuga m’affonda, poi qualche sguardo riprende fili allentati, anche i miei, e, tipo dio, accende la luce su come diventiamo – andando, tornando, restando, riandando. Sarà meglio rincasare adesso.
Ancora mi porto negli occhi i bagliori, i sassi, gli sterpi – delicati ricami, i voli, quegli inattesi volumi del blu. Avrò molte vite ancora, lì dove la battigia diventa foce.
Quanto sai essere tenera e insieme profonda? ❤️
è il mare, che mi fa prodigi. A te no?
Non hai idea di quanto mi manchi, da siciliana. Sa fare prodigi, sa riconciliare lo spirito, è capace restituire il giusto posto alle cose e alle emozioni.
❤ restituisce il giusto posto, sì
Ma lo sai portare il peso di quei passi, di quel limo e di quel silenzio imperfetto?
ci si prova. Poi a cadere ormai sono bravissima 🙂
Ma che meraviglia! ☺️
ciao!
Ciao 👋🏻
che bello tornare a leggerti.
sento la profondità nascosta dietro parole semplici (“come diventiamo – andando, tornando, restando, riandando” è vero quei quattro gerundi racchiudono il nostro evolverci un po’ sempre identico a se stesso, come la risacca)
ml.