Ci sono merli invisibili e ci sono briciole in terra, proprio per loro. Poi c’è un moscone incollato all’intonaco, immobile al sole. Niente qui è più per me, penso.
Ci sono queste case di esistenze divergenti all’improvviso, ora che si stanno disincagliando i sogni dalla mortificazione nei progetti. Ci sono le solite strade strette, adesso deserte e brevi per davvero. Poi c’è lei, che pur non osando neanche lontanamente avvicinarsi ai metri duecento di distanza da casa, continua a fare il suo giro a passi veloci come un mese fa, come l’anno scorso, e dieci anni fa, e anche venti. Ogni giorno alle 13:30 esce di casa, con qualsiasi tempo, per quarantacinque minuti, o più, di camminata veloce. Solo che adesso se li fa tutti qui, su e giù per la stradina chiusa che mi passa accanto.
Ci diciamo ciao, vedendoci – oggi sono fuori a fumare. E’ il saluto solito, un po’ al volo, finto-distratto: Ciao. Seguito da niente. Però, mi verrebbe da dirle qualcosa del tipo: Forse tu non lo sai ma stai segnando un prezioso percorso nel bosco, da qui, sì, e accidenti se lo stai facendo bene!
Nessuna metafora: sogno puro. Potrei dirle persino – e già lo vedo – che stiamo un po’ tutti come in volo su un paesaggio palmato di fiordi, sfiorando foreste col naso. Ma c’è già il vento a intavolare discussioni dattorno: con una corda sottile rimasta legata a un recinto e, più giù, coi lembi d’un avviso di carta semi incollato al palo dell’Enel. Così facciamo silenzio. Lei cammina, e cammina; io ho un toscano da fumare per intero.
A un punto, però, a metà sigaro circa, mi parla. Al suo giro numero enne Giovanna s’è fermata nelle mie vicinanze – a poco più d’un metro, e c’è un cancello tra noi – per dire: Non esce più tanto adesso, lei, poverina – riferendosi a mia sorella Cana.
No – rispondo – cioè, pochissimo.
Era abituata a camminate lunghissime – sospira.
Anche tu – dico.
Eh sì, ma… adesso va così – con un sospiro più profondo.
Sospiro anch’io: Già. E come faranno i bambini?
– Non me lo dire, povere creature. Quanto difficile è per chi ha dei bambini? Tu pensa a un piccolo di un anno, di due, di tre. Come glielo spieghi, non dico tanto in questi giorni, ma nei prossimi mesi, come glielo spieghi tu che non deve avvicinarsi alle persone all’infuori di quelle di casa? Questo è il punto, perché, se glielo insegni, com’è che lo fai venir su?
– Proprio a questo pensavo. Cosa possiamo fare?
– Niente. Dobbiamo inventarci diversamente.
E si rimette a camminare, scivolando veloce in giù, verso casa. Ciao.
Mi piacciono queste tue “cronache”.
Le case, cioè il fuori o, meglio, l’immediato intorno…