Wanda

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Hai visto la foto? L’ho fatta più o meno una settimana fa. C’era una luna incredibile quella sera, e pensa che quando ho scattato era ancora presto! Non avrei resistito fin adesso se non fosse stato per la luce com’è in sto periodo quando fa sera. Il mio momento migliore, il crepuscolo. Però, anche la notte a volte è preziosa, quando vedi le stelle. Allora il terrazzino mi diventa una specie di trampolino per lanci e immersioni in un altrove – non l’aveva mai sentita parlare così a telefonata appena iniziata. Persino nelle conversazioni in compresenza, Wanda aveva sempre bisogno di abituarsi un po’ all’altro, prima di aprirsi – o di tornare ad aprirsi, nel caso con l’interlocutore avesse una certa familiarità. Anche il fatto che stamani da Wanda avesse ricevuto, assieme al buongiorno su Whatsapp, una foto diversa da un fiore del suo terrazzo, era sorprendente. C’era decisamente qualcosa di strano oggi.
Ah, se non ci fosse questo terrazzino, questo dannato terrazzino – dunque sospirò -, ho appena pagato una cifra esorbitante come quota per il restauro della facciata, che non sarebbe certo stata necessaria se i terrazzini di tutti non stessero andando in pezzi, e non dico l’intonaco,  il rivestimento, ma il cemento, la materia tra un ferro e l’altro, la struttura proprio. Hai presente?
Rispose che sì, aveva presente, e che questo è tra i primi segni di un edificio trascurato, ma Wanda non gradì: Beh, questa palazzina non era trascurata, aveva i suoi anni, sì, ma è che i terrazzi non erano stati fatti con criterio, tutto qua. Ad ogni modo, se non fosse per questo terrazzino, sarei impazzita già da un pezzo a star chiusa in casa. Oh, sia chiaro, io non credo affatto che quello che ci impongono di fare sia esattamente quello che occorre, che ci può far sperare nella pace, finalmente, o almeno in una buona morte. E non è affatto vero che se non esci è per rispetto delle regole, o perché ti fidi di quello che ti dicono e perciò ubbidisci. Se non esci è perché hai qualche altro tipo di problemi. Tu esci?
Usciva per le cose essenziali, la spesa, il cane e, con la riapertura delle librerie, aveva osato andare a prendersi un libro, così, giusto-per. Dicendolo, sperò che Wanda non domandasse che libro era, perché aveva preso banalmente l’ultima guida Touring  dei Paesi Bassi, dove aveva vagamente intenzione di fare un giro non appena ogni allarme fosse cessato. Sapeva che l’avrebbe delusa rivelando di non aver preso un titolo di narrativa o di poesia, o quantomeno una storia dei paesi Bassi. Per fortuna, comunque, lei aveva voglia di raccontare di sé e perciò sorvolò sul libro:  Sarei uscita sempre, io, ogni giorno. Avrei trasgredito, rischiato le multe. Del resto, se ti beccano una volta su dieci che sei uscita, ti è già andata bene e paghi persino volentieri. Poi, magari ti dai una calmata per qualche giorno, ma presto ricominci. Sempre meglio pagare qualche multa che andare fuori di testa per la solitudine.
Ops, hai detto solitudine? Tu, Wanda, hai detto solitudine – provò a canzonarla.
Naaaa, non è mica vero. Ad ogni modo non sarebbe questo il punto – la conversazione cominciava a scaldarsi, Wanda aveva detto “ad-ogni-modo” per la seconda volta. Significava che il registro si stava facendo più intimo o gli argomenti più sentiti. La incalzò, chiedendo quale fosse allora il punto.

Sono sempre stata sola, cioè, almeno negli ultimi quasi vent’anni, lo sai, e in fin dei conti non mi dispiace. Anche se adesso… beh, anche se adesso è diverso. E’ una solitudine più cupa, la senti di più, perché hai modo di vedere bene che ogni persona nel mondo è tipo una goccia d’olio che si spande sulla superficie di un tegame d’acqua, cadendoci dentro. Si spande, a volte ampiamente, a volte appena appena, ma non diventa mai tutt’uno con l’acqua, tantomeno va in profondità. Oddio, di che sto parlando…

Pensò che probabilmente l’immagine dell’olio nell’acqua le venisse dalle sperimentazioni con gli olii naturali come antiparassitari per le molte piante che da sempre curava, su quello che Wanda chiamava terrazzino ma, in realtà, era uno spazio formidabile di diversi metri quadrati, solo parzialmente riparato da una tettoia in larice, oliato da lei stessa, utile più che altro a proteggere la vegetazione più delicata. Era circa un anno che non poteva farle visita, ma se la ricordava bene  quella casa. Poi, conosceva la sua passione per il giardinaggio domestico e i suoi progressi nel campo. Sapeva anche della sua continua e sempre troppo deludente ricerca di nuovi “veleni che non siano veleni”. Ecco, poteva chiederle aggiornamenti al riguardo. Però, c’era bisogno ancora di parlare di solitudine, si capiva. Ancora non mi è chiaro, però, il punto vero quale sia – le fece.
Lei seguitò senza alcuna esitazione: Il punto vero è il non avere riferimenti reali, termini di confronto vivi, misure spartite con altri, qualcosa insomma che possa valere un po’ più in generale e non solo per te, ecco. Non è propriamente solitudine. Ieri al telefono mia figlia mi ha rimproverata perché non avevo capito bene il nuovo decreto. Cioè, io credevo di aver capito, ero convinta di quello che dicevo, e invece è venuto fuori che avevo preso fischi per fiaschi, che le cose stavano molto diversamente: né meglio e né peggio di come pensavo io, ma diversamente. E questo mi infastidisce abbastanza, perché almeno una qualche certezza su come stiamo procedendo bisogna avercela, altrimenti com’è che andiamo avanti? Penso che il problema stia proprio nel fatto che siamo soli con tutte queste fonti di informazione. Perché, okay, seguiamo la tv, leggiamo… Però poi non ci confrontiamo. E meno male che c’è il telefono. Per me è l’unico vero, valido mezzo di comunicazione tra le persone. Adesso, vedi, dopo tanto, noi ci stiamo risentendo grazie al telefono. Ieri con mia figlia, per esempio, ci ho parlato grazie al telefono.
S’inserì nel suo dire facendo riferimento ai messaggi di Whatsapp, con tanto di foto, che si scambiavano spesso anche loro, sebbene a voce si sentissero poco. E poi le videochiamate, quant’è bello e sorprendente videochiamarsi? – fece, aggiungendo che ci sono molte app per farlo, anche migliori di Whatsapp. Lei l’interruppe a sua volta: Sì, tutti ormai fanno le videochiamate, ma a quelli come me basta la vecchia telefonata, perché non è che il vedersi tramite video migliori la situazione, io penso. Non è che ti dia veramente qualcosa in più. Ad ogni modo, dicevo che qui, tra le case, non sarebbe per niente facile godersi il cielo se non hai un terrazzino che ti metta un poco in mezzo, cioè ti tolga da sotto a un muro, ti allontani un minimo dal resto. Dico “terrazzino”, anche se il mio non è un terrazzo piccolo, è vivibile. Non mi posso lamentare, d’accordo.
Non ti puoi lamentare, no – le fece eco – e sai bene cosa penso in generale della tua casa, con quel terrazzo magnifico, le tue meravigliose piante e tutto.

Lo so, e hai ragione. Ad ogni modo, pensandoci bene, non mi è cambiata molto, la vita. Forse mia figlia la vedo più adesso che prima, addirittura. Con la scusa della spesa di roba fresca che per sua decisione viene a portarmi ogni tre giorni, la vedo davvero spesso. Però, come dire… è come se tutto fosse ridotto all’essenziale per lei. Non mi riferisco a quello che compra per me. Intendo soprattutto i suoi modi, come ci salutiamo, il suo fermarsi un momento a casa con me e le cose che ci diciamo. Si divaga poco, non si perde tempo, non ci sono più fronzoli nei discorsi.  E anche per telefono. Sarà che il tema è sempre quello: i decreti, la gente che esce più del consentito, i soldi che cominciano a scarseggiare per molti, le attività chiuse, oltre naturalmente ai contagiati e ai morti, a come cambiano i numeri e perché, a come cambia il morire, poi, e alla fine che faremo, alla speranza di un vaccino in autunno. Sempre la stessa minestra, insomma.

A chi lo dici – fece, pensando che la questione del denaro comunque non avrebbe potuto riguardare Wanda, e neanche gli altri della famiglia. Da quanto se ne sapeva, le loro entrate erano del tutto autonome rispetto a questa contingenza, sebbene per un attimo avesse avuto il dubbio di aver fatto un errore chiamandola, ché magari l’aveva messa in imbarazzo per via dell’indecisione se dire oppure no che questo virus stava sfidando anche le loro finanze. Il dubbio era però durato solo un attimo, l’ipotesi era chiaramente infondata. Comunque, Wanda subito aveva ripreso la questione della monotonia degli argomenti di conversazione con Adele, la figlia che le abita a una decina di chilometri: Così io mi sto un po’ scordando com’è fatta lei, come la pensa su tutte le altre cose. Ti sembrerà strano, ma mi sto scordando anche di come sono fatta io, di come la penso su certe questioni che ora non sembrano importanti. Per esempio, cosa penso dell’università di Beatrice? Boh, credo niente e da un pezzo, cioè non ci ho più pensato, dopo quell’idea iniziale che avesse fatto la scelta peggiore. Sì, so che stanno facendo lezione da casa, ma tutto qua. Quali sono le materie del semestre, gli esami, quale direzione sta prendendo nelle cose che studia, se c’è qualcosa che davvero la entusiasma, queste cose non me le sono più chieste. Tantomeno l’ho chieste a lei, o a sua madre.
Aveva provato a farla soffermare su Beatrice, la nipotina universitaria, ma Wanda stava seguendo un filo suo. Continuò: E poi nessuno si sposa, nessuno festeggia, nessuno viaggia, nessuno cioè mi racconta niente. Vabé, c’è la tv, e me ne faccio delle gran scorpacciate, benedetta – il canale 48 e il 24 al momento sono i miei preferiti. Però, comincio a non riuscire più a calare veramente quello che seguo in tv dentro le mie giornate. Forse è perché la vita si sta così impoverendo che sembra non ci siano appigli per le cose immaginate.
Forse ora stai un po’ esagerando – le disse, ridendo. Era una tattica che metteva in atto da sempre, con lei, quando cominciava a far discorsi troppo impegnativi, a oltrepassare troppo il senso comune. Aveva paura di mostrare inadeguatezza, di deluderla, insomma provava sempre a rendersi l’incontro meno frustrante di quanto l’affetto che aveva per lei non rendesse possibile sopportare.

Non credo di esagerare dicendo che le nostre esistenze si stanno immiserendo, no. Ad ogni modo, a me andrebbe pure tutto bene, ancora, se non fosse per questi dolori tremendi che sono triplicati, anzi, di più, quadruplicati. Il medico per telefono mi ha detto di aumentare la dose di cortisone. E dunque, da un quarto di pastiglia al dì, son passata a mezza, ma non è che sia cambiato granché per il momento. Ad ogni modo, oramai io facevo questa vita da reclusa da circa un anno, per via dei dolori, appunto, e della spina dorsale che non mi regge più. Dopo la caduta, non mi sono più fidata a uscire da sola. Ho le mie due amiche, una volta veniva una e una volta veniva l’altra, andavamo sempre fino al parchetto, sottobraccio, a meno che non ci fosse maltempo. Oppure Lina, ti ricordi, mia cognata, con lei si facevano addirittura giri con la macchina. C’è anche Ada, che una volta a settimana veniva a darmi una mano con le pulizie e, se serviva, mi accompagnava dove c’era bisogno. Ora nessuna di loro può venire. Mia figlia dice che lei è autorizzata solo a portarmi la spesa, e comunque, anche se la convincessi che si sbaglia, dov’è che andiamo? Il parchetto è chiuso. Sulla macchina non possiamo essere in due se non per qualcosa di inderogabile, questo mi è chiaro. O mi sbaglio?

No, non ti sbagli riguardo all’uso della macchina. Ma anche potendo viaggiarci in due per motivi non fondamentali, poi non potreste scendere in un punto e lì mettervi a passeggiare. Sareste presumibilmente oltre i quattrocento metri da casa. Comunque, cavolo, potreste semplicemente scendere giù e fare due passi in strada, là attorno. Non credo girino macchine di sti tempi – disse nell’incertezza, con la sensazione che qualsiasi sua risposta sarebbe stata oggetto di un’argomentatissima confutazione.

Qua attorno dove? Non è che hai i marciapiedi, qua. E’ solo un reticolo di strade strette, come ben sai, e con sempre più macchine parcheggiate. E’ tutto un ammasso di case  e, normalmente, ci passi affianco solo perché stai andando da qualche parte. Non è che ci passeggi qui, sennò magari pensano che ti fai gli affari degli altri. Non ha senso camminare a vuoto lungo questi recinti vicinissimi a case dove la gente sta mangiando, sta dormendo, sta studiando, sta guardandosi la tv,  sta discutendo in famiglia, sta alla toilette e magari è costretta ad affacciarsi perché, appena passa qualcuno, con una reazione a catena i cani – ce li hanno quasi tutti – attaccano a fare casino e non la finiscono più: chi sarà mai, che diavolo vogliono, perché questi devono mettersi a passeggiare proprio qua, mica è un posto da passeggiate… No, proprio non se ne parla, bisogna aspettare maggio.

Non era chiaro se intendesse il 4 maggio, e cioè l’inizio della cosiddetta fase 2, o invece la fine del mese, cioè la presunta  venuta di una ulteriore nuova fase. Neanche voleva capirlo, comunque. Il tema era difficile e a una persona anziana che sta terminando la pazienza e, forse, anche effettivamente il suo tempo, cosa vai a dirle? Di aspettare, di non aspettare… In fondo, Wanda ha solo bisogno che qualcuno l’accompagni a camminare un po’ in un posto che per lei abbia senso, e questo è intrinsecamente lecito. Si può fare anche adesso, senza aspettare niente, convinci Adele a portarti – le disse.

La fai facile tu. E ti darei ragione, fosse per me. Ma dovrei trascinarmi una persona dietro, costringerla ad agire contro le sue convinzioni. Sai che non lo posso fare. Aspettiamo maggio. Magari qualcosa cambia, sperando nel frattempo di non peggiorare troppo e, soprattuto, di non essere abbandonata da quel po’ di voglia che avevo, e che ho, di assaporare i pezzetti di mondo che potrei permettermi. Per esempio, il lungomare. Non intendo starci a prendere il sole seduta su una panchina, sia chiaro, non chiedo tanto, mi basta farlo di passaggio, con la macchina, affianco magari a mia figlia che guida canticchiando e sentire l’aria diversa che inizia a entrarti nel naso. Poi il cimitero, la chiesa qualche volta, anche al volo, giusto per una preghiera, perché in altri posti non è la stessa cosa, altrove non ti sembra di riuscire ad appartarti mai veramente dalla banalità delle cose che ti circondano. Anche l’ufficio postale è un posto in cui stare volentieri per qualche decina di minuti. E l’ambulatorio del medico? Beh, quello a volte è proprio niente male: il mio ha delle comodissime sedie in sala d’attesa.  Poi c’è il mini market, c’è il centro commerciale nelle occasioni, c’è il mercato qualche Mercoledì – non lo faccio tutto, eh, ne percorriamo un tratto, vedo due cose, saluto qualcuno, magari mi fermo a fare due parole, se anche chi m’accompagna ne ha piacere. Ovvio, dipendo oramai abbastanza dagli altri: ci vuole chi mi porta, chi mi viene a riprendere e, certe volte, chi resta con me, ma ripago sempre poi – te lo faccio un regalino, se mi dai una mano, sciocchezze da pochi euro, quello che posso, insomma, anche a seconda di quanto ti ho disturbato.

Non si ricordava di questa Wanda estremamente pratica, non l’avrebbe mai immaginata  aderire a questo vecchio e meschino meccanismo – del dare per avere avuto e dunque avere ancora. Doveva essere stata davvero disperata per essersi snaturata a tal punto da adottare un simile sistema per mantenere certe relazioni. O forse la verità è che nella sua testa c’era una Wanda diversa dalla persona reale, magari l’aveva troppo idealizzata. Il fatto che avesse fatto l’insegnante tanto a lungo e che avesse letto miriadi di libri e che, per una serie di eventi fortunati, si fosse affrancata del tutto da certi atteggiamenti legati all’insicurezza economica, non significava che nel nocciolo fosse tanto diversa da quelli della sua famiglia – che poi era anche la propria, di famiglia. Provò a dirle che quelle persone che l’accompagnavano l’avrebbero sicuramente fatto anche senza quel tipo di ricompensa, perché per loro era sicuramente già tanto poter godere della sua compagnia. Rise molto, Wanda, e forse fu per delicatezza nei suoi confronti che poi rivelò trattarsi di persone bisognose le quali andavano in qualche maniera aiutate facendo attenzione a non ferirle.
Ad ogni modo, per me funzionava bene – rise ancora – e ora s’è tutto impiantato. Fortuna che io ho un terrazzino, sì, anche se un po’ mi sto pentendo di aver preso l’appartamento al piano alto quella volta, ché quello sotto ha il suo bel giardino privato e lì almeno ti puoi muovere un po’. Certo, è vero, posso farli qua dentro casa, due passi: ci sono metri quadri a sufficienza, specie se sei sola a calpestarli. E poi mi salva questo dover scendere le scale per portare in strada i secchi della differenziata: non dico che c’è qualcosa da portare tutti i giorni, ma quasi. E l’indomani bisogna andare a ritirarlo, il secchio. Procedo malsicura, ma mi appoggio al corrimano. Faccio le scale molto volentieri. A volte nel tragitto incrocio altri condomini e, siccome la scalinata è stretta, e sono stretti anche i due pianerottoli, diventano incontri sempre un po’ imbarazzanti: nessuno ha la mascherina – non te la metti, per quei due minuti che scendi. Quel che imbarazza è… beh, sapendo che è meglio non parlare se ci s’incrocia non protetti, a malapena ci si scambia un cenno. Solo un sorriso a labbra strette o, più spesso, affidato agli occhi. Li strizzi un poco entrambi, è come sorridere. Ho paura che ci si stia stampando in faccia a tutti questo sorriso senza sostanza.

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