
Chi lo sa dove saremmo se non stessimo ancora a fare su e giù, sminuzzandoci progressivi e inattuali, col palmo molle sul corrimano spezzato a sperimentare uno scarto, il ferirsi col ferro e l’ebbrezza – ché si disincaglia all’istante il lembo e resta intera l’inesistenza del tempo. Dunque, eccoci a un altro giro della spirale, nuova corsa dentro una geografia tutta esteriore di foglie estenuate e zolle nere, che resta indescritta e perciò resistente ancora sul puro che siamo stati, e su tutto il sale non trattenuto.
[Sorridemmo al nudo quando divenne solo un proclama, e voi un pacchetto e, loro, madri allo stremo e facili padri, e noi un altro pacchetto e tu, e io, un eccesso di uguali, dietro tutto quel riferirsi come fosse normale, così confinati e ulteriori – malnati, ma altrove. E le vene gonfie di sacro e musica della nostra metà più sincera portavano sabbia e rime scontate sotto le unghie dell’altra, mentre talvolta tra costola e costola una voce sgranava sillabe e senso come pupille nere d’incanto, che non era visione, ma solo ricordo, come un ripasso – di nuovo un giro].
Hai una scioltezza rara per inanellare parole. Chapeau
❤