Tuonava. Aveva smesso di piovere da più di mezz’ora e pareva stesse schiarendo. No, invece. RIPIOVERÀ, valutò, inspirando in profondità. Era tutto un odore d’elicriso lì, improvviso, pungente, che presto si fece richiamo deciso, insistente. Chissà da dove. MA CHE IMPORTA DOV’È pensò, CONTA L’AVERLO RICONOSCIUTO, NON L’AVERLO VISTO. E ricordò quella volta coi sandali in mezzo a un prato alto d’un non programmato giro sloveno. Faceva freddo. Carla le disse SENTI, tirando più forte l’aria col naso, e lei si ritrovò presa fin quasi alla pancia quando la melissa le comparve come un enorme fazzoletto increspato alle loro caviglie. Guardò a terra con gli occhi sgranati, inscenando sgomento: DOVEVO FARE PIPÌ, DA UN PEZZO! Così l’altra non riuscì più a smettere di ridere.
Carla sì che sapeva sdramatizzare, anche la disarmonia, il disequilibrio, le cadute, tutto questo perdere poesia, a risate, appunto, per poi finire col dire qualcosa come ESSERE VIVI È QUESTO. Sì, perché succede mai niente se non si è disposti ad accogliere la perdita sempre, la caduta nel vuoto, sia che avvenga repentina, sicché d’un fiato raccogli l’angoscia più pura, sia che si sviluppi cesellata da quel planare che lascia il tuo battito fermarsi sul tutto, memorie e visioni, dalle unghie alle viscere: senza più rabbia, e senza paura. Lei non si trovava del tutto d’accordo con questo pensiero votato all’assolvere, allora. Però adesso tuonava più forte, e bisognava tornare.